L'homme est non seulement tel qu'il se conçoit, mais tel qu'il se veut.
Esco una sera di ottobre, come tante altre. Fuori inizia a fare freddo, quel fresco ancora lontano dal gelido inverno ma che già inizia a farti sognare locali pieni e chiacchiere al chiuso.
Guardo l'orologio: 'è in ritardo' penso tra me e me. Decido quindi di aspettare all'interno del locale.
Seduto al tavolo mi do un'occhiata intorno, ponderando le coppie in uscita, le famiglie ed i gruppi di amici; osservo i libri impolverati, i poster ormai scoloriti dal passare del tempo. Fatto ciò, senza nemmeno pensarci, estraggo il cellulare dalla tasca e mi connetto. Messaggi su whatsapp, email, messenger ed infine Facebook, sono le mete del mio peregrinaggio virtuale.
Rifletto d'improvviso: mi trovo ad osservare la vita tramite lo schermo del mio smartphone perfino quando non sono a casa, annoiato. Guardo la vita altrui anche quando dovrei vivere io stesso.
Stacco gli occhi dalle immagini, blocco lo schermo e lo appoggio rivolto all'ingiù sul tavolo. Mi guardo intorno, voglio cogliere i suoni e le risate, i baci e le chiacchiere, misti all'odore di carne, patatine fritte e birra.
***
Mi piacerebbe far terminare questo pezzo con il classico "e vissero tutti felici e coscienti della realtà circostante".
Non è andata così.
Tolti gli occhi da internet, ho aspettato per circa 10 minuti l'arrivo del mio ospite e la verità è che mi sono annoiato. Da morire.
La tecnologia non è il fattore essenziale, certo, dipende tutto dallo stato d'animo di chi attende. Ma non è nemmeno l'unico motivo per il quale ci ritroviamo tutti lì, con lo sguardo incollato al grande villaggio web - che su whatsapp assume la grandezza di un giardino in periferia. Così come mi rompevo ad aspettare gli amici a piazza San Marco nel lontano 2003, così mi annoio ad aspettare nel 2014. La differenza è che nel primo caso non potevo far altro che aspettare, osservando pigramente le macchine circolare per le vie, mentre ormai grazie alle nostre connessioni perenni possiamo ingannare il tempo dell'attesa (ma poi, il tempo si inganna veramente? O siamo noi ad esser fregati?).
La rivelazione è che dell'odore di birra e del rumore delle chiacchiere altrui non mi interessava minimamente. Così come non mi interessa sapere cosa farà la signora che urla i suoi affari al telefono, risvegliando il silenzioso treno della mattina presto, una volta giunta a Roma.
Non mi interessa sapere se è lui o lei ad aver compiuto uno sbaglio nella concitata discussione che si svolge al bar né mi interessa sapere il rumore che fanno i piatti in cucina, compilati da cuochi sottopagati.
Forse nemmeno prima ci interessava realmente.
La vita stessa era un grande Facebook dove ci osservavamo a vicenda, pur di passare il tempo. Intervenivi nelle conversazioni non per partecipare, ma perché ti scocciava stare con le mani in mano. Perfino le persone sedute insieme allo stesso tavolo hanno dita leggere che sfrecciano tra un tasto all'altro, per rispondere a persone vicine o relativamente lontane.
Ho scritto più volte, credendoci, che la realtà non va interpretata ma affrontata. E qui nessuno è così stolto da considerare fattibile una crociata contro la tecnologia; lo slow life sulla falsa riga dello slow food.
Questo è il mondo in cui viviamo e non possiamo sempre combattere contro i mulini a vento, armati solo dei nostri pensieri.
La scelta se guardare sopra lo schermo o intorno a noi è (e che ci piaccia o no, rimarrà) sempre la nostra. Possiamo passare il tempo sul cellulare, al computer, con le cuffie o meno. Non ci si può lamentare della loro esistenza, ma solo di noi stessi e delle scelte che compiamo. ERGO se ne ho voglia ben venga starci incollati, ma che sia consapevole e conscio delle conseguenze del non guardarsi intorno.
Riprendo il cellulare.
'Eccomi! scusa il ritardo'
'Sei sempre la solita.'
Non è andata così.
Tolti gli occhi da internet, ho aspettato per circa 10 minuti l'arrivo del mio ospite e la verità è che mi sono annoiato. Da morire.
La tecnologia non è il fattore essenziale, certo, dipende tutto dallo stato d'animo di chi attende. Ma non è nemmeno l'unico motivo per il quale ci ritroviamo tutti lì, con lo sguardo incollato al grande villaggio web - che su whatsapp assume la grandezza di un giardino in periferia. Così come mi rompevo ad aspettare gli amici a piazza San Marco nel lontano 2003, così mi annoio ad aspettare nel 2014. La differenza è che nel primo caso non potevo far altro che aspettare, osservando pigramente le macchine circolare per le vie, mentre ormai grazie alle nostre connessioni perenni possiamo ingannare il tempo dell'attesa (ma poi, il tempo si inganna veramente? O siamo noi ad esser fregati?).
La rivelazione è che dell'odore di birra e del rumore delle chiacchiere altrui non mi interessava minimamente. Così come non mi interessa sapere cosa farà la signora che urla i suoi affari al telefono, risvegliando il silenzioso treno della mattina presto, una volta giunta a Roma.
Non mi interessa sapere se è lui o lei ad aver compiuto uno sbaglio nella concitata discussione che si svolge al bar né mi interessa sapere il rumore che fanno i piatti in cucina, compilati da cuochi sottopagati.
Forse nemmeno prima ci interessava realmente.
La vita stessa era un grande Facebook dove ci osservavamo a vicenda, pur di passare il tempo. Intervenivi nelle conversazioni non per partecipare, ma perché ti scocciava stare con le mani in mano. Perfino le persone sedute insieme allo stesso tavolo hanno dita leggere che sfrecciano tra un tasto all'altro, per rispondere a persone vicine o relativamente lontane.
Ho scritto più volte, credendoci, che la realtà non va interpretata ma affrontata. E qui nessuno è così stolto da considerare fattibile una crociata contro la tecnologia; lo slow life sulla falsa riga dello slow food.
Questo è il mondo in cui viviamo e non possiamo sempre combattere contro i mulini a vento, armati solo dei nostri pensieri.
pragmatismo (o prammatismo) s. m. [dall’ingl. pragmatism, der. del gr. πρᾶγμα -ατος «cosa, fatto»]. – (...) 2. Atteggiamento che tende a privilegiare i risultati concreti, le applicazioni pratiche, più che i principî o i valori ideali. Per estens., comportamento spregiudicato che punta solo al raggiungimento dei proprî fini.
La scelta se guardare sopra lo schermo o intorno a noi è (e che ci piaccia o no, rimarrà) sempre la nostra. Possiamo passare il tempo sul cellulare, al computer, con le cuffie o meno. Non ci si può lamentare della loro esistenza, ma solo di noi stessi e delle scelte che compiamo. ERGO se ne ho voglia ben venga starci incollati, ma che sia consapevole e conscio delle conseguenze del non guardarsi intorno.
Riprendo il cellulare.
'Eccomi! scusa il ritardo'
'Sei sempre la solita.'
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