La foto, qui riprodotta, la intitolai "Classi sociali". Il motivo è un treno frecciarossa ritratto dalla cabina di un treno regionale Roma - Latina; il senso è palese.
Il brano nasce da due storie vissute da me nell'arco di soli due giorni, tra le città di Torino e Milano e nei relativi viaggi che ne hanno accompagnato la scoperta - fatti su rotaia.
Il racconto non è esposto cronologicamente.
***
La voce elettronica mi comunica l'arrivo in ritardo del
regionale veloce delle 11.18. "Era ora" penso tra me e me:
sono stanco di aspettare al freddo, sotto al tabellone degli orari e
vicino ai binari.
Forte di un'esperienza quinquennale con Roma Termini, mi inizio ad avviare verso il binario segnalato non appena quest'ultimo appare. Esperienza da ritirare e consegnare al mittente: una folla intera di esperti mi segue ed anticipa, avvantaggiati dalla mancanza di bagagli. L'imbocco del binario è talmente stretto che non possono centrare due flussi - entrata ed uscita dal treno - contemporaneamente. Si spinge, si pestano piedi e si corre alla ricerca del posto. Solito lancio della valigia e della borsa in stile olimpionico sulla cappelliera ed occupazione manu militari del posto vicino al finestrino. Pausa di assestamento con brevi discussioni sul fatto che si possa occupare o meno un posto per "un'amica", raggiungendo la filosofia platonica nei suoi momenti più fini, si svolgono al mio fianco.
Con un lento scricchiolo il treno si muove e si immette nel solido grigio fuori dalla stazione centrale di Milano.
Forte di un'esperienza quinquennale con Roma Termini, mi inizio ad avviare verso il binario segnalato non appena quest'ultimo appare. Esperienza da ritirare e consegnare al mittente: una folla intera di esperti mi segue ed anticipa, avvantaggiati dalla mancanza di bagagli. L'imbocco del binario è talmente stretto che non possono centrare due flussi - entrata ed uscita dal treno - contemporaneamente. Si spinge, si pestano piedi e si corre alla ricerca del posto. Solito lancio della valigia e della borsa in stile olimpionico sulla cappelliera ed occupazione manu militari del posto vicino al finestrino. Pausa di assestamento con brevi discussioni sul fatto che si possa occupare o meno un posto per "un'amica", raggiungendo la filosofia platonica nei suoi momenti più fini, si svolgono al mio fianco.
Con un lento scricchiolo il treno si muove e si immette nel solido grigio fuori dalla stazione centrale di Milano.
Il monitor elettronico mi comunica con orgoglio
futurista che stiamo viaggiando alla velocità di 300 km/h. Dal
finestrino si alternano vallate verdi, tunnel e campagne che si
distendono a perdita d'occhio, e ciononostante al mio telefono
cellulare non mancano le tacche di ricezione. Riesco perfino a
connettermi ad Internet senza problemi durante il passaggio in
galleria.
Osservo pigramente il bambino che studia, colorandole, le varie parti del fiore. Il padre lo osserva orgoglioso della sua intelligenza tra una telefonata e l'altra, mentre continua ad aggiungere o cancellare appuntamenti sull'agenda di lavoro. Il treno è diretto, non sono previste fermate intermedie tra Roma e Milano. Rimango nondimeno sorpreso della miriade di stazione che Firenze possiede lungo il suo tragitto ferroviario. Prima di entrare in Lombardia, le pianure dell'Emilia mi accolgono nella loro ormai familiare monotonia. Ho fame di tortellini in maniera impressionante.
Osservo pigramente il bambino che studia, colorandole, le varie parti del fiore. Il padre lo osserva orgoglioso della sua intelligenza tra una telefonata e l'altra, mentre continua ad aggiungere o cancellare appuntamenti sull'agenda di lavoro. Il treno è diretto, non sono previste fermate intermedie tra Roma e Milano. Rimango nondimeno sorpreso della miriade di stazione che Firenze possiede lungo il suo tragitto ferroviario. Prima di entrare in Lombardia, le pianure dell'Emilia mi accolgono nella loro ormai familiare monotonia. Ho fame di tortellini in maniera impressionante.
La signora dinnanzi a me ed io stiamo combattendo una
dura battaglia fatta di attese e mosse fulminee per cercare di
allungare i piedi. Il bracciolo è ormai perso in favore di una
ragazzo in chiaro bisogno di allontanarsi da qualsiasi forma di
McDonalds possa esistere. La zona di Novara e Vercelli mi accompagna
nel viaggio. Vedo solo freddo e pioggia districarsi nei campi che si
allungano fino all'orizzonte, mentre le stoppie, anziché bruciarsi,
ricordano risaie imbevute di grigio. "Allegro il Piemonte
insomma" ridacchio in solitario cercando di portare un pò di
allegria solare in quel viaggio decisamente invernale e silenzioso.
Il silenzio di mattinate universitarie e pensieri di casa che si
allontana fino a sera o fino a Natale.
"Gradisce un caffè?" mi propone la bella
signorina di servizio con un marcato accento toscano, mentre sorride.
E' un'offerta che non posso rifiutare, sopratutto se accompagnato da
un cioccolatino. Inizio a vedere il profilo della città che si
avvicina mentre periferie incolori vengono velocemente ignorate ed i
manager e le sciure iniziano ad abbigliarsi, pronti a scattare
verso i proprio impegni e le proprie faccende. Ventiquattrore di
pelle e cappotti vengono ripresi e ci si avvia in anticipo dinnanzi
alla porta: il tempo è denaro.
Esco nel freddo della stazione, dinnanzi a me solo la
città. Guardo lentamente i miei compagni di viaggio che scendono,
mentre mi allaccio il giubbotto. I binari, la fretta, i volti
stanchi, e laggiù l'uscita.
Mi avvio pronto a vedere con i miei occhi questa nuova destinazione. Questo nuovo viaggio.
Mi avvio pronto a vedere con i miei occhi questa nuova destinazione. Questo nuovo viaggio.
Nessun commento:
Posta un commento