mercoledì 24 luglio 2013

A' soixante kilometres au sud de Rome

Ogni volta che conosco un francese per la prima volta, in seguito alla ormai tipica domanda bordolese circa la mia appartenenza o meno alla gente di Cervantes, segue la classica domanda "Tu viens d'où, en Italie?" (Da dove vieni in Italia?). Qui scatta in me un processo automatico, ben oliato con il tempo che consiste in 3 fasi distinte:
- Rome;
- Bon, en veritè, j'etudie à Rome mais je n'habite pas là; (Beh, veramente studio a Roma ma non abito là)
- J'habite dans une petite ville au sud de Rome, presque 60 km au sud...Latina. (Vivo in una piccola città a sud di Roma, a circa 60 km a sud, Latina)


Il perchè di questo passaggio viene dalla mia affermata coscienza che in questa parte di Francia (e non solo) la mia città appaia solo in quanto vicina a lei, la città che tutti hanno nelle loro fantasie, cioè Roma.
Eppure c'è molto di più nella mia città di una semplice definizione geografica. Al di là delle facili critiche che noi stessi, noi Latinensi (sarebbe stato veramente bello chiamarsi Latini , ma era già preso) rivolgiamo alla nostra città, che io stesso le ho rivolto nel corso degli anni, non possiamo non pensare che sia casa nostra. Non sono andato via per sempre, certo, ma è più forte di me; in fin dei conti parliamo sempre dei luoghi in cui sono diventato quello che sono. Le ho detto di tutto nel tempo: città sonnolenta, città che guardava la storia con gli stessi occhi di una oziosa anziana che osserva la gente dal suo tavolino del bar, ove nulla cambia e dove basta che sei in una delle famiglie che "contano" per avere un'opportunità come avvocato, notaio, commercialista, dottore.
Sarebbe facile così: criticare tutto e fino in fondo, abbandonarla, cercare una nuova casa, un luogo da venerare come focolare, magari questa stessa Bordeaux cosi fiera nella sua borghese esistenza. Già, borghese...
Molte delle città che sorgono avranno statue di eroi, monumenti, tombe reali, storie di battaglie e respiri di storia in ogni loro pietra; potrei sceglierne una di queste, una che si adatti al mio gusto ed al mio cercare. Ma, vedete, la differenza che lega la nostra città dalle tante che si innalzano su questo mondo è solo una: la sua materia viva. L'eroe che monta il cavallo nella piazza della città medievale, è il nostro 90enne che legge il giornale sotto i portici al riparo dal vento della pianura. E' stato lui e tanti suoi altri compatrioti che, a 10 come a 20 anni d'età, per scappare dalla miseria andavano a bonificare. Bonificare una palude che esisteva da ben prima dei Romani, dei greci; una palude che aveva sconfitto tutti e che si crogiolava nella sua eternità. Non furono i cavalli di Re d'oltralpe o le legioni romane a sconfiggerla. Furono contadini, braccianti ed operai: venivano dal Veneto, dal Friuli, dalla Campania, dalla Calabria, dalla Sicilia, da Ferrara...venivano per cercare un futuro per loro e per i loro figli. Cercavano una terra.
La trovarono, la presero, ma a che costo? Quanti sono morti di malaria? Quanti sono morti di febbre? Vista la grandezza della loro impresa i potenti ci misero il nome e quella divenne una operazione politica, di regime. Ma era molto di più.
Latina non ha la cattedrale di St André di Bordeaux, ha la chiesa di san Marco costruita da questi "straccioni" più per pregare che per far mostra della loro grandezza economica. Non ha i viali dello shopping di Milano, ma ne ha di Eucalipti che, a migliaia, costeggiano questa pianura, salvandola dal vento e danzando con esso nelle notti di Agosto. Non ha la vista dei tetti di Roma al tramonto, ma ha il monte Circeo che si scaglia nell'alba e che viene dipinto di rosa nei riflessi del sole che muore nel mare. Non ha la grandezza che viene riservata nei libri di storia, perchè in fondo, non ha fatto nulla di grande. Se non rappresentare un'opera che uomini spinti dalla sola voglia di costruire hanno realizzato con le loro mani e senza che vi fossero spinti da qualcosa di nobile: bastava la fame.
Potrò continuare a dire che abito a 60 km da Roma, ma questo non potrà mai riassumere tutto ciò che il pensiero abbraccia: il monumento ai Veneti davanti le poste, la torre del Municipio, la campagna che si stende dai ai monti innevati d'inverno fino al mare che ulula la sua rabbia. Dai portici fino alla prossima critica che io stesso le rivolgerò. Perchè questa è Latina.



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