Appunti incompleti del viaggio a Dublino 05-10/03/2014
Westmoreland Street
(...) La città è piena di librerie che vendono libri usati.
Pensandoci sopra, quest'espressione non mi piace. E' molto meglio dire "Libri di seconda mano". Sta ad indicare la condivisione, il passaggio di un sapere formato tascabile da, che ne so, Miriam O'Toole a Riccardo Di Santo.
Se non ci fossero i soldi di mezzo - per quanto economici siano questi libri - sarebbe quasi un evento memorabile: io ho letto un libro, mi è piaciuto (o no), dopodiché lo passo a te affinché tu possa arrichirtene e poi...chissà! Finché la carta non sarà illeggibile sarà ancora possibile arricchire questo mondo di lettere d'inchiostro che ti accompagnano ovunque. Qualsiasi sia il libro.
Invece "Libro usato" suona male: come una rappresentanza simbolica di tutta la filosofia consumistica. Se qualcosa è "usato" non è nuovo ERGO non è immacolato; è già stato di qualcuno e solo dopo tutto ciò che essi hanno vissuto passa finalmente a te.
Potrebbe sembrare una sciocchezza, il pensiero di una persona che vuole risparmiare soldi o che non vuole sempre la copertina più scintillante, ma sono proprie le sciocchezze a fare la differenza tra il considerare "quelle" solamente come pagine ingiallite ed imbruttite dal tempo, invece che delle parole. Parole che ci permettono di entrare in contatto tra perfetti sconosciuti non solo a kilometri di distanza... ma anche ad anni di distanza.
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