È domenica mattina.
Già di per sé questa osservazione merita un lungo tempo di meditazione sotto le
coperte. Fuori il grigio delle mattinane milanesi mi attende con un torpore che
preannuncia una primavera di aprile che verrà. Mi alzo lentamente mentre la
sveglia suona – su previdente scelta passata – le note di Sunday Morning dei Velvet Undergrounde, dopo una doccia ben oltre la soglia del risparmio idrico, mi
vesto e decido di uscire.
Ma dove vogliamo andare, io e te?
Abbiamo parlato anni per ritrovarci persi in un abbraccio di una fredda giornata qualsiasi a dirsi momentaneamente arrivederci che ogni volta sembra un addio.
Persi nei problemi tu ed io, a rincorrere sogni di un'adolescenza passata piena di aspettative e di carriere piene di orgoglio dei genitori e paradisi lontani nella mente.
Ricordiamo frasi e discorsi di un'altra vita nudi nel letto, ognuno stretto a sé e vicini all'anima dell'altro.
Passano gli anni, le nostre anime rimangono vicine seppur così lontane. Andiamo avanti senza sapere bene dove.
Dove andare, dove fermarci, dove sostare per poi riprendere il passo. La mia mano stretta nella tua, il passo lungo che si trattiene pazientemente per il tuo così corto. Il tempo è poco, lo è sempre stato. Eppure continuiamo a raccontarci storie di vita, a toccare lo schermo sperando di sentire il caldo della pelle anziché ombre di colore dietro cui riconoscerci.
Perché sei tornata a cercarmi?
Perché sono tornato a baciarti?
Eppure questi interrogativi guardano invidiosi dalla finestra quando siamo insieme, lì, dove tutto inizia e dove tutto finisce.
Andiamo? Andiamo. (E rimangono fermi).
Waiting for Godot - S. Beckett
Speranzosi e stretti l'uno all'altro.
Ti trovi a pensare profondamente, mentre le gocce battono irregolari sulla
finestra.
Quanto tempo fa? Un anno? Due?
Un'altra vista, un'altra pioggia intratteneva le tue pupille e cullava i
tuoi pensieri. Volevi scappare da quel posto, da quella città che ti soffocava.
L'aria mancava nei soliti giri, nelle solite facce, nella prospettiva di
un'asfissia lenta che ti avrebbe portato a divenire un relitto di curiosità e
passione. Latina sembrava una gabbia dorata dalla quale volevi scappare a tutti
i costi. Nulla poteva saziare la tua sete se non la distanza e la speranza di
un futuro fatto di ben altre cose piuttosto che giri a piedi senza fine e
giornate di grigie mirate da sotto i portici. Eppure era la tua gente, la tua
storia, la tua vita.
Sono scappato, ho piantato il mio piede lontano con tutta l’energia e la
positività del futuro nascosto sotto una terra che devi smuovere solo con il
duro lavoro delle tue mani. Non per gli aperitivi durante la settimana della
moda, non per le cene e le chiacchiere globalmente corrette e cosmopolite. Lo
devi fare per te e per tutti coloro che ci hanno creduto in te: con i soldi, le
parole, le speranze e le lacrime.
Così arrivi, che sia Milano, la Cina o il Brasile poco importa, tu arrivi e ti
ci butti nella frenesia del nuovo e delle responsabilità. Sembra quasi che
corri per recuperare un tempo rubato che non sapevi di avere perso sino ad
allora. Sei lontano dalla tua vecchia vita? No lo pensi soltanto, devi cambiare
te, altrimenti i problemi si ripresenteranno con nuove facce e nuove lame
affilate.
E’ dura, passata l’eccitazione iniziale ti aspettano pomeriggi di occhi
rossi, orari duri e continue prove alla tua novella maturità, appesantita dalle
responsabilità (nuove), dai problemi (vecchi), dalle aspirazioni (lontane) e
dai desideri (vicini ma inarrivabili, almeno per il momento).
E cosi ti ritrovi a sognare “casa”, quel luogo ideale che esiste e del quale
solo adesso realizzi l’importanza. Ci ricolleghi un significato di pace e
tranquillità che non avresti mai osato collegare quando ti ci ritrovavi dentro.
Ma fai attenzione: è solo un trucco della tua mente.
E’ vero che quella è e sarà sempre casa. Ma scappare dalle responsabilità
dell’essere in un percorso di crescita, per un giaciglio di sublime seta è
soltanto una scorciatoia verso il passato che – lo sappiamo tutti – non può più
tornare. Sogni la tua famiglia, il tuo cane bianco, il tuo amore, le facce
amiche… cazzo, sogni perfino il lento fruscio delle foglie nelle giornate di
sole, laggiù in palude.
Poi passa.
Tieni duro, tiri lunghi respiri e continui a guardare e a lavorare duramente su te stesso. Perché
sai di essere fortunato rispetto ai più, a quelli che vedi stesi per terra nella metropolitana, a chi è rimasto giù nella scala delle opportunità e a chi potrebbe fare molto di più ma ha paura del fallimento.
Cresci per te e per loro (questo “loro”
avrà un significato diverso per chiunque leggerà). Non devi sorridere per
forza, anzi può urlare e piangere purché alla fine tu sappia quale è la scelta
giusta per te.
Vai avanti, magnifico bastardo/a che non sei altro.
Stavamo parlando di mani, mani insidiose che si allungano alla ricerca di un qualcosa che non poteva tastarsi. Stavamo parlando di uno sguardo, occhi di un rimmel che abbraccia le porte dell'anima. Stavamo parlando dei tuoi capelli, tagliati per girdare al mondo la tua voglia di non volercela fare un'altra volta ancora...di lasciare le tue delusioni sommergerti ancora, fino a sparire e risorgere, a posteriori, come una fnice che turba gli uomini. Stavamo parlando di te, sempre. Possibile che non te ne ricordi?
"Ah nulla, tranquilla. Stavamo dicendo qualcosa di poca importanza."
Il silenzio ha dominato queste pagine per quasi sette mesi.
Un pò il lavoro, l'aver cambiato città (ora abito a Milano per la carriera), lo stress, la mancanza di ispirazione...insomma si è capito. Sono sicuro che i miei cinque lettori avranno trovato ben altre forme di intrattenimento e riflessione.
Cosa mi spinge a scrivere questo post?
Tutto parte da questo video:
Premessa: è un sabato pomeriggio, sono in zona Porta Venezia a fare la spesa per la settimana che inizierà. Mentre una signora dall'accento decisamente non padano cerca di fergarmi il turno in salumeria, ricevo una telefonata da mio padre; convenevoli familiari a parte, mi accoglie una voce che racchiude i demoni di una landa sconsolata.
La città è attualmente retta da un commissario, nelle more di un periodo post crisi, vista la sfiducia del consiglio comunale al precedente sindaco (minuscole volute). Sfiducia che è arrivata nel peggiore dei momenti possibili, alla soglia del periodo estivo, con lavori sempre intrapresi e mai perfezionati - leggi ztl, percorso ciclabile, senso unico sul lungomare, Latina Ambiente, turismo, porto, terme, cultura, stabilimenti che la fanno da padrone ecc.
"È grande la forza dell'abitudine" - Cicerone
Tra una fila e l'altra delle casse al supermercato mi attanaglia lo sconforto per Casa. La conversazione prosegue uscendo dalle porte automatiche, mentre mi avvio su Corso Buenos Aires, sorpassando negozi pieni di turisti e auto intrappolate nel traffico cittadino del fine settimana.
"Perlomeno i cittadini manifestano", penso, nel momento in cui vengo a sapere del corteo. E dimmi, era un corteo di protesta tout court oppure per qualcosa in particolare?
E' per il blocco dei lavori dello "Stadio Francioni".
Mi blocco in mezzo alla strada. Di colpo. La gente dietro di me quasi mi investe, stretti nel loro passo svelto tipicamente milanese che ti porta dal punto A al punto B e che anche io ho imparato ad adoperare col tempo.
"LO...LO STADIO?
LA CITTA' VA IN ROVINA E LORO PROTESTANO PER LO STADIO?!?"
***
Ho appena finito di vedere il comizio dinnanzi al Comune.
Pennacchi, Maietta (suppongo, che poi, alla fine, non mai capito chi fosse questo tipo) ed una marea di persone avvolte da urla insignificanti. Fumogeni, maglie, sciarpe, battiti di mani e così via.
Spengo il computer e rimango incredulo.
E' questa la rappresentazione della nostra voce? Sono questi i valori che noi portiamo? Olim palus?
Dovemo da fà o stadio?
Il calcio è un assett (si assettat' va, anzi vatte a cuccà) per la municipalità?
CULTURA.
LAVORO.
TURISMO.
OPERE DI VIABILITA'.
UNIVERSITA'.
Potrebbero essere questi dei buoni motivi per andare a manifestare contro dei governanti - sempre gli stessi? - che di volta in volta vengono eletti da noi e mai portano a termine un compito. No. Manifestiamo per la minore delle cose. Quella che ci permette poi di dimenticarci di tutto il resto. Andiamo in tribuna Vip affianco all'ex Sindaco. Consideriamo quel gol invece delle buche che ci dilaniano la macchina nel tragitto da casa allo Stadio.
Latina muore e voi cosa fate? Suonerete le vostre trombe da stadio a lutto?
10...
La testa gira forte. Ma non come quando ti fa male, anzi! Sei attento a
tutto quello che ti succede, sveglio e agitato contemporaneamente. Non sai cosa
dire, vuoi pensaretutto ed il contrario
di tutto.
9…
Se stessi facendo una stronzata?
Cosa mi passa per la testa? Lei è qui! Vicina come non lo è mai stata prima. Ed
io rimango qui, fermo, chiuso nella mia rassegnazione. Com’è possibile che ogni
volta, ogni singola piccola volta ci ritroviamo a fare i conti con cose che ci
riducono come microbi. Cose cosi dannatamente grandi per noi nullità.
8…
Se esiste un inferno dei viventi, in questo momento di cosmo suddiviso in
particelle elementari di vite univoche, qui esso deve trovare il suo ingresso,
il suo motto.
Respiri prolungati segnano l’aria mentre un sussulto mi stringe, debole come le
fioche luci che circondano in questo angolo di universo dove si dovrebbero
concentrare le luci delle stelle.
7…
Sarebbe così facile, veramente facile, il semplice sporsi in avanti ed
abbandonarsi nel tutto. Lasciando da parte le preoccupazioni ai filosofi, ai
c.d. maturi di vita. Lasciando i timori e le responsabilità a qualcun altro che
le accolga come fredde lacrime di nichel che, lentamente, ti avvelenano il
cuore.
6…
Ma questo non è vivere. O perlomeno è vivere da irresponsabili in una età
che non lo consente più, noncurante degli altri e dei loro sentimenti.
Io non sono così, checche se ne dica, né voglio divenire così.
5…
4…
Il tempo ora accelera, si fa veloce, incalzato dalla paura e dalle mille
facce dei dubbi che mi inseguono da tutta la vita. Essere coscienti di ciò fa
schifo.
Si o No?
Si o No?
Si o No?
3…
Tante cose ho pensato di me nel corso del tempo, durante l’altalenante
scorrere della vita mia, comprese le più spregevoli ove fosse il caso. Ma mai
avrei voluto essere il motivo per cui si piange con occhi asciutti, nell’anima.
2…
Il cuore si stringe, conscio del fatto che ci siamo. E’ quasi il momento e
difficilmente ci ripenserò.
Se c’è un peccato che il dio degli uomini, regalandoci il dono della mortalità,
considera come superiore è il voler ridipingere un capolavoro del passato con
fosche tinte dal futuro incerto di altri dubbi che nulla possono richiamare
agli splendidi disegni del trascorso.
1…
Non c’è più nulla da dire.
0…
Fari si allontanano nella strada deserta mentre lento rimane
il mio respiro, breve come i miei pensieri che si susseguono, orfani del
momento passato.
Anni si susseguiranno, facce nuove, baci scambiati e nuovi
dolori di cuore e d’anima. Tutti arriveranno, prima o poi, ed allora si penserà
a quello che è stato chiamato “oggi” con un sorriso od una leggera smorfia,
memori di quello che, per soli 10 secondi, è stata un’eternità.