sabato 27 dicembre 2014

Perché scrivi?



Nel corso degli ultimi mesi diverse persone mi hanno rivolto, insieme a svariati complimenti e critiche – di cui li ringrazio personalmente uno ad uno – la medesima domanda:
perché questo blog?
Perché scrivi di quello che ti succede?
Bella domanda!
Boh, perché mi va!
92 minuti di applausi, si chiude il sipario, FINE.
Ho visto film decisamente scadenti con finali migliori…e grazie a dio questa non è la reale motivazione (o perlomeno non ne è l’unica, anche perché spesso scrivo giusto per scrivere, perché mi piace.

ATTENZIONE, SARA’ UN PO’ LUNGO.

Parte tutto da molto lontano sia nel tempo che nella persona, come un seme che necessita di pazienza e cura per divenire una pianta sufficientemente forte da resistere al primo inverno. E come ogni seme ha avuto bisogno di diverse cose per divenire un alberello ancora troppo giovane. Cerco di riassumere il tutto cronologicamente in un unico racconto; sia chiaro però che è ben difficile il compito di riassumere 25 anni di vita in poche righe ed esperienze chiave che mi hanno portato a scrivere per qualcuno oltre a me stesso.

·         La terra in cui il seme è caduto: La lettura
Ho sempre letto molto. Sin da quando posso ricordare la mia passione era la lettura e non importava cosa ci fosse scritto: che si trattasse delle istruzioni del forno, di un volume de “Storia d’Italia” di Indro Montanelli oppure dei fumetti di Topolino (che comunque uno dei migliori volumi esistenti era e rimane PaperDinastia ovvero la storia di Paperon’ de Paperoni), io leggevo con sete.
Amavo leggere, perché nella lettura trovava sollievo la mia curiosità. Interesse che non voleva essere soddisfatto con risposte, sia ben chiaro, ma con altre domande. Gli autori che giocavano a dare tutte le risposte mi sono sempre rimasti indigesti. Nelle pagine volevo trovare spazio per me e per la mia fantasia, ben erano accolti coloro che si spingevano a trascinarmi nelle loro riflessioni, spazi ove io potevo immergermi liberamente e trarre altre domande e altri pensieri. Viceversa, come ho detto, mal digerivo coloro che arrivavano e giocavano ai sapientoni con me. Non c’è maggior fastidio che trovare scritte su carta cose alle quali io sono arrivato per puro caso, fantasticando mentre sorseggi caffè o mentre ti perdi nell’infinito orizzonte degli sguardi persi e negli “eh?” di chi vi è trascinato fuori.

Invece è quando Pirandello ti prende e ti toglie di colpo la maschera dal volto, lasciandoti lì un po’ ebete con la faccia di chi è stato appena chiamato ad un’interrogazione di chi non ha studiato una mazza, che mi trovo bene. Quando Nietzsche grida che «dio è morto», è lì che ogni cosa diviene possibile, che ogni spazio si ritrova colmabile rispetto ad un disordinato ordine preesistente. A mio avviso è sempre preferibile chi ti dona carta bianca ed una penna rispetto a chi viene da te con un quaderno pieno zeppo di note e ti intima di capirlo e di fare tua la sua verità.
Ed è per questo che mi stanno anche un po’ sullo stomaco coloro che leggono per colmare ogni loro dubbio. Quelli che leggono tantissimo per sfoggiare i mitici artifizi letterari di tizio e le mirabolanti parabole di caio, autori sconosciuti di cui ci si riempie la bocca per poter dire “vedete? Io leggo, io so, io esisto!”
Mea culpa ma non ho resistito, adesso tacciatemi con l’ultimo libro del capolavoro polacco scritto in lituano antico (ed un po’ di elfico che fa sempre bene).

·         Le prime gocce d’acqua: le lettere
Seppur lettura-dipendente, ho sempre trovato ben altra cosa lo scrivere. I temi e lo studio del liceo classico possono aiutarti, certo, ma finché non decidi di scrivere seriamente, con il cuore e l’ispirazione continuerai a mettere nero su bianco
«il manzoni riveste un’importanza capitale nella letteratura risorgimentale poiché ecc.ecc.»
Non te ne frega nulla di quello che scrivi, ti interessa solamente che sia decente per il voto finale. Perché qualcuno ti valuta. A mio avviso non c’è cosa peggiore per un dilettante della scrittura: qualcuno che ti distrugge o ti eleva per come scrivi più su quello di cui scrivi.
Occasione venne anche per me di dovermi confrontare con questo.
Era il 2006, vincemmo i mondiali (che ci sta sempre bene) e mi innamorai follemente di una ragazza. Una di quelle forme di amore sincere, che ti spingono a capire per cosa mille anni e più di poeti hanno sprecato inchiostro e perché fa così dannatamente male alla fine. Lo dico in principio: ne è valsa la pena. Anni sono passati ma sono rimasto sempre della stessa idea. Ora essendo io leggermente strano all’epoca – e mai veramente guarito – decisi di intraprendere una corrispondenza con questa ragazza. Una corrispondenza vera, fatta di attese, di righe scritte e cancellate, di saliva su buste e di tante riflessioni. Ed è in questa occasione che mi dovetti confrontare con lo scrivere: come potevo far capire a chi nulla sapeva della mia città, delle mie giornate e dei miei luoghi e pensieri attraverso poche righe? Come racchiudevo tempo, passione, voglia di rivedere, pioggia e giornate in motorino a chi era lontano da te e poteva solo immaginarlo attraverso quanto e come raccontavi?
Dovetti mettermi a dura prova, tentare ora e ancora di stringere e dipingere un quadro che ognuno poteva leggere a suo modo. Dovevi capire che cosa vedevo ogni giorno, cosa sentivo, cosa mangiavo mentre le macchine passavano davanti al tavolino del bar di Cifra al mercato. Dovevi vedermi pedalare su via del Lido, bere una birra mentre riflettevo sul tutto e sul nulla. Un compito veramente difficile.

·         I primi germogli: I viaggi
Viaggio fin da quanto mi posso ricordare. Complice una famiglia che accomuna questa mia passione e una serie di amici sinceri ma molto “pesaculo” ho sempre prediletto, per forza di cose, il viaggio individuale. Prendevo e partivo, ritrovandomi a Parigi, a Londra, A Stoccolma, Dublino. Ovunque potessi trovare sempre nuovi spunti di riflessione da qualsiasi fonte: che si trattasse del sorriso di una bionda cameriera in quella boulangerie di Place Victor Et Héléne Basch o di un vecchio ubriacone che osservava il lento scorrere del Liffey. Sia ben chiaro: mi diverto tantissimo a partire con gli amici per concerti, mete festaiole o semplici “magnate”. Ma il destino mi ha concesso molte più occasioni di silenti passeggiate che di feste a Formentera.
Durante questi viaggi sono solito sempre portarmi un quaderno o una piccola agenda (no, non uso sempre le moleskine che sono tuttavia molto comode) per scrivere tutto quello che mi passa per la mente. Non sono lo scrittore solitario che scrive seduto al tavolino del bar come un maniaco; scrivo quello che mi viene in mente e lo annoto perché altrimenti, alla fine del viaggio, quel pensiero, quell’idea, quell’immagine, sarebbe sparita. Dimenticata sotto il peso delle altre che seguono.
Scrivo di tutto: persone, vestiti, cibo, cibo, cibo, vino, cibo, belle ragazze. Ogni tanto di cibo. Scene che intravedo per caso e panorami che ricerco con intenzione. Racchiudendoli prima in testa e poi in penna. Sul blog nemmeno il 10%, di quello che scrivo mentre viaggio, riesce a comparire sotto forma di post o di immagini. Spesso quello che non trascrivo sono cavolate, spesso me ne vergogno, spesso è troppo personale…e va bene essere nella società dei social networks ma c’è un limite.

·         Il crescere del fusto: il blog
Sono solito inviare, ogni volta che viaggio, una cartolina ad una mia cara amica che le colleziona. Appiccicate al suo mobilio, in camera, c’è il riassunto fotografico dei miei viaggi tramite piccole finestre di ricordi che le mando ogni volta che mi allontano da Latina.  Altrettanto solito è il mio racconto del viaggio che le espongo davanti ad una tazza di caffè, cercando di racchiudere il tutto in un quadro verbale che le faccia vedere e provare quello che ho visto e quello che ho fatto.
 Lei rosica bonariamente e mi detesta con amore perché viaggio.
Nell’ultimo periodo delle superiori, ero solito scrivere degli articoli a cadenza settimanale per un giornale della provincia di Latina. Chiaramente non scrivevo da solo, ma avevo ottenuto tale possibilità tramite un’associazione giovanile. Tale occupazione volontaria, sebbene fantastica, non riusciva a colmare tutto quello che scrivevo: un articolo ogni due settimane e su argomenti che comunque sia dovevano essere “seri” non poteva accogliere tutto. Tale impegno venne successivamente meno, così non avvenne per la mia voglia di scrivere.
Cosi, sulla scia di altri amici e conoscenti (myspace docet) decisi di aprire anche io un piccolo spazio personale. Il primo post era pronto da pubblicare e parlava della contestazione seguita alla visita di Berlusconi al teatro di Latina.
Rimaneva da scegliere il nome. Ci pensai un giorno buono, anche perché non mi andava di dare ad un qualcosa appena nato un nome orribile. Sarebbe stato un pessimo inizio. E qui mi dispiace dare ai lettori un piccolo dispiacere ma non ci fu nulla di epico e leggendario.
Ero al bar (quale sinceramente non ricordo) e stavo aspettando che si facessero le 14.30 per andare in biblioteca. Seduto lì a guardare le macchine passare e i pochi passanti che uscivano da lavoro e andavano a mangiare un boccone al volo. Annoiato, fantasticavo su chi fosse chi, quale fosse la loro storia e dove stessero andando.
Osservando i passanti.
Ricordo solo che rimasi per 3 secondi con lo sguardo perso nel vuoto. Dopodiché entrambe le mie sopracciglia si alzarono.
BAM.

Il resto sono solo parole. Che vi permettono di seguirmi, di essere lì, di essere in ogni mio passo e pensiero. Riuscendo a vedere quel quadro che cerco di dipingere a tinte leggere.
Per darvi spunti.
Per darvi curiosità.
Per darvi una scusa per smettere di guardare il grigio quotidiano.

Nessun commento:

Posta un commento

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.