Ebbene la mia chance di pensare mi si è presentata sotto forma di un post su Facebook; un post ove un mio amico mi chiedeva quali fossero, secondo me ed altre persone, le riforme a "costo zero" (rispetto alla spesa pubblica) che anche domani potremmo approvare ed applicare, se solo vi fosse la volontà politica. E come tutte le cose sulle quali pensi di avere una risposta già pronta, si parte tranquilli salvo poi fermarsi ogni 5 secondi: indecisioni, i ma, i però, le idee che si infrangono come vetro al tocco del pavimento detto "realtà".
Quali sono le riforme di cui questo paese, L'Italia, avrebbe bisogno?
Troppo spesso ne sentiamo parlare ed ascoltiamo, senza controbattere, opinioni altrui dette in una scatola televisiva. La riforma della giustizia, la cittadinanza, il lavoro etc.
Allora per una volta mi sono fermato, ho iniziato ad osservare fisso il muro, e mi ci sono messo su.
Come ho risposto al mio amico, è impossibile per qualsivoglia riforma di essere "a costo zero"; qualsiasi legge o decreto che comporta una modifica va, per forza di cose, ad incidere seppur minimamente sulla spesa pubblica. Perciò si dovrà interpretare il "a costo zero" come qualsiasi atto che incide con il minor peso possibile sulla spesa pubblica.
Riforma elettorale
Un vecchio problema del sistema politico italiano, ovvero il problema della governabilità. Durante la prima (mai defunta) repubblica, i governi duravano poco, pochissimo. Tutto ciò a causa dell'impossibilità di affermarsi di un solida maggioranza che potesse dare un'azione forte di governo. Problema che vediamo tutt'oggi attuale; le ultime elezioni hanno rivelato una situazione nella quale è pressoché impossibile delineare una chiara maggioranza politica “monocolore”.
Per di più, a questa vecchia piaga del sistema italiano, si è aggiunto un nuovo dramma: il c.d. “Porcellum”. Ebbene questa meraviglia di legge elettorale non soltanto ha tolto ai cittadini la possibilità di votare in via nominale (con le preferenze) ma ha altresì creato un sistema in cui tra le due camere ci si trova con maggioranze differenti, rendendo di fatto impossibile governare.
Ebbene allora ciò che si dovrebbe fare immediatamente, considerando poi questa attuale forza governativa di fatto in bilico, è la riforma elettorale. Una legge che garantisca il formarsi di una solida maggioranza ma senza creare maggioranze sovietiche che votino compatte pur di tenere il posto fino alla pensione. Governabilità è la parola d'ordine. Fondamentale è poi il ritorno del voto di preferenza. Attenzione: il voto di preferenza nascondeva un ulteriore vecchio problema del nostro sistema: il voto di scambio. Si sperava che, attraverso la concessione totale ai partiti dell'organizzazione delle liste elettorali, questi potessero puntare alla professionalità e/o alla qualità. Questa speranza ha portato alla luce l'inadeguatezza del sistema politico nel suo autogovernarsi oltre che alla sua discussa moralità sulla scelta dei candidati.
Legge sulla corruzione
Secondo lo studio condotto annualmente da “Transparency International”, l'Italia nel 2012 è stata 72esima su 174 (prima la Danimarca, ultima la Somalia) nella classifica riguardante la percezione della corruzione.
Questa situazione si è aggravata non soltanto in seguito alla crisi economica, ma anche e soprattutto grazie ad anni ed anni di indecisionismo politico e collusione tra gli ambienti della finanza e la classe politica. Serve immediatamente una riforma che inasprisca le pene per i corrotti e corruttori ma che vada altresì a prevenire la crescita di questo fenomeno preoccupante che costituisce ogni anno un danno enorme per le nostre tasche. La prevenzione è la parte più importante: se si riesce non solo ad evitare, ma altresì a creare una controtendenza nel fenomeno corruttivo tutto ciò si materializza come risparmio nel futuro prossimo che equivale sia al mancato reato sia all'aumento di efficienza del settore pubblico.
Gioco d'azzardo e affini
Aumentare la tassazione sul gioco d'azzardo rappresenta non solamente un disincentivo all'apertura di nuove sale da gioco ma può anche rappresentare una sorta di debutto di una politica dedicata a coloro che sono soggetti alla c.d. Ludopatia. (Vedi rapporto dedicato qui)
Infatti, al di là della tassazione sui giochi tradizionali, come il “superenalotto” su il tasso è del 44.7%, altri giochi - che rappresentano un pericolo sia per i giocatori che per l'attrattiva che rappresentano verso le mafie – sono tassati allo 0.6%. I proventi di tale tassazione aggiuntiva potrebbero essere utilizzati in altri settori particolarmente a rischio, primo fra tutti la sanità e/o la ricerca. Inoltre serve un maggiore controllo sull'età dei fruitore di codeste sale: molto spesso, complice una totale mancanza di offerta ricreativa non privata*, i giovani annoiati incominciano a spendere tempo (e non solo) in questi luoghi. Unica risorsa alternativa è data talvolta dalla chiesa cattolica attraverso i suoi campi parrocchiali.
*Faccio riferimento ai piccoli centri urbani e/o ai quartieri “difficili” delle grandi città dove, al di là di birrerie, bar, locali privati, il pubblico non si manifesta in alcun modo.
Taglio del costo della politica
Tale misura, di cui sembrano ricordarsi tutti dal momento in cui è entrato il M5S in parlamento, dovrebbe tuttavia essere mirata e decisa. Non si può ridurre un parlamentare ad avere uno stipendio da operaio (si pensi al rischio tangenti) ma nemmeno si può continuare con questo sistema. Innanzitutto si dovrebbe riportare lo stipendio in questione al livello salariale degli altri parlamenti dell'Europa occidentale; sempre facendo riferimento alla popolazione ed al numero di parlamentari.
In secondo luogo si dovrebbe sempre tenere in mente che la maggioranza dei parlamentari abita al di fuori della regione Lazio. Cosa che comporta per essi spese non indifferenti per vivere nella città di Roma (vitto, alloggio, spese di viaggio da casa al luogo di lavoro, telefonia utilizzata per il lavoro etc.). Tuttavia, sempre in vista dell'attuale situazione dei rimborsi, si dovrebbe passare al sistema giustificativo certificato. Cioè per ogni spesa, l'utente deve presentare le relative fatture o comunque sia le prove (biglietti aerei/treni del solo tragitto fino alla sua residenza privata ad esempio) che si riferiscano soltanto a quei rapporti considerabili come rientranti nella sfera lavorativa; tutto ciò al posto dell'attuale quota fissa di rimborso.
Questo non sarà un risparmio in grado di farci rispettare gli impegni con l'Europa, certo, ma è sempre un gesto positivo oltre che a rappresentare una risorsa economica utilizzabile nella ristrutturazione d'emergenza delle infrastrutture scolastiche Italiane.
Per ciò che riguarda le province (che dietro le tante grida di soppressione immediata stanno in realtà aumentando) la loro soppressione non è auspicabile al momento. Ciò perché la massa di lavoratori statali che da esse uscirebbe non potrebbe essere riassorbita da nessun'altra struttura sia pubblica che privata, nemmeno sostitutiva della provincia. Serve, a mio avviso, aspettare un momento di congiuntura economica favorevole al fine di investire in progetti di riqualificazione lavorativa di questi soggetti (magari finanziati al 75% dalla UE cosicché si riesca a risparmiare).
Attualmente il fondo pubblico di sostegno all'editoria sembra essere 120 mln €. Tuttavia il criterio utilizzato è quello “ 15% delle copie distribuite a livello nazionale” cioè la testata nazionale deve vendere almeno il 15% di tutte le copie esposte in giornalai o tabacchi per poter ottenere il contributo che è pari al 50% dei costi ammissibili di bilancio (Vedi il decreto del Presidente223/2010 ). Ebbene si capisce da soli che lo stato contribuisce così non allo svilupparsi dell'editoria ma al suo sopravvivere. Molto spesso giornali di partito riescono a vivere solo grazie a questo supporto, riuscendo ad ottenere ila metà delle loro spese pagate in cambio di un misero 15% venduto. Una buona misura sarebbe quella di costringere i giornali ad evolversi (traendo esempio dall'estero o riprendendo l'arte italiana dell'arrangiarsi) attraverso l'aumento del requisito di copie vendute, mettendo contemporaneamente un minimo necessario di copie stampate.
Unificazione del sistema turistico-informativo Italiano
Per molto tempo la struttura turistica italiana è stata affidata più alle regioni che allo stato. I tentativi di questo di riappropriarsi del suo ruolo hanno portato a numerosi fiaschi (quanti si ricordano il costo proibitivo della struttura informativa ideata dal governo di centrosinistra ed abbandonata per inutilità dal centrodestra?). Il problema rimane sempre quello della cattiva gestione e della frammentazione. Una riorganizzazione della struttura alberghiero-ristoratrice vincolando i locali in zone “sensibili” a standard determinti di qualità con contenimento del prezzo è una delle direttrirci da prendere.
Non è possibile che un caffè a Venezia venga a costare una fortuna, oppure che un turista non riesca a trovare degne informazioni trilingue in alcune dei maggiori siti artistici della nostra penisola.
Serve una chiara opera di accentramento delle risorse museali nelle maggiori città e differenziazione dell'offerta turistica in base ai gusti dell'aspirante visitatore (il sito Italia è un buon inizio). Non è possibile che l'Italia, con oltre la metà dei siti UNESCO sul proprio territorio, risulti solo 5' dopo la Spagna o la Francia.
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