Ma dove vogliamo andare, io e te?
Abbiamo parlato anni per ritrovarci persi in un abbraccio di una fredda giornata qualsiasi a dirsi momentaneamente arrivederci che ogni volta sembra un addio.
Persi nei problemi tu ed io, a rincorrere sogni di un'adolescenza passata piena di aspettative e di carriere piene di orgoglio dei genitori e paradisi lontani nella mente.
Ricordiamo frasi e discorsi di un'altra vita nudi nel letto, ognuno stretto a sé e vicini all'anima dell'altro.
Passano gli anni, le nostre anime rimangono vicine seppur così lontane. Andiamo avanti senza sapere bene dove.
Dove andare, dove fermarci, dove sostare per poi riprendere il passo. La mia mano stretta nella tua, il passo lungo che si trattiene pazientemente per il tuo così corto. Il tempo è poco, lo è sempre stato. Eppure continuiamo a raccontarci storie di vita, a toccare lo schermo sperando di sentire il caldo della pelle anziché ombre di colore dietro cui riconoscerci.
Perché sei tornata a cercarmi?
Perché sono tornato a baciarti?
Eppure questi interrogativi guardano invidiosi dalla finestra quando siamo insieme, lì, dove tutto inizia e dove tutto finisce.
Andiamo? Andiamo. (E rimangono fermi).
Waiting for Godot - S. Beckett
Speranzosi e stretti l'uno all'altro.
Ti trovi a pensare profondamente, mentre le gocce battono irregolari sulla
finestra.
Quanto tempo fa? Un anno? Due?
Un'altra vista, un'altra pioggia intratteneva le tue pupille e cullava i
tuoi pensieri. Volevi scappare da quel posto, da quella città che ti soffocava.
L'aria mancava nei soliti giri, nelle solite facce, nella prospettiva di
un'asfissia lenta che ti avrebbe portato a divenire un relitto di curiosità e
passione. Latina sembrava una gabbia dorata dalla quale volevi scappare a tutti
i costi. Nulla poteva saziare la tua sete se non la distanza e la speranza di
un futuro fatto di ben altre cose piuttosto che giri a piedi senza fine e
giornate di grigie mirate da sotto i portici. Eppure era la tua gente, la tua
storia, la tua vita.
Sono scappato, ho piantato il mio piede lontano con tutta l’energia e la
positività del futuro nascosto sotto una terra che devi smuovere solo con il
duro lavoro delle tue mani. Non per gli aperitivi durante la settimana della
moda, non per le cene e le chiacchiere globalmente corrette e cosmopolite. Lo
devi fare per te e per tutti coloro che ci hanno creduto in te: con i soldi, le
parole, le speranze e le lacrime.
Così arrivi, che sia Milano, la Cina o il Brasile poco importa, tu arrivi e ti
ci butti nella frenesia del nuovo e delle responsabilità. Sembra quasi che
corri per recuperare un tempo rubato che non sapevi di avere perso sino ad
allora. Sei lontano dalla tua vecchia vita? No lo pensi soltanto, devi cambiare
te, altrimenti i problemi si ripresenteranno con nuove facce e nuove lame
affilate.
E’ dura, passata l’eccitazione iniziale ti aspettano pomeriggi di occhi
rossi, orari duri e continue prove alla tua novella maturità, appesantita dalle
responsabilità (nuove), dai problemi (vecchi), dalle aspirazioni (lontane) e
dai desideri (vicini ma inarrivabili, almeno per il momento).
E cosi ti ritrovi a sognare “casa”, quel luogo ideale che esiste e del quale
solo adesso realizzi l’importanza. Ci ricolleghi un significato di pace e
tranquillità che non avresti mai osato collegare quando ti ci ritrovavi dentro.
Ma fai attenzione: è solo un trucco della tua mente.
E’ vero che quella è e sarà sempre casa. Ma scappare dalle responsabilità
dell’essere in un percorso di crescita, per un giaciglio di sublime seta è
soltanto una scorciatoia verso il passato che – lo sappiamo tutti – non può più
tornare. Sogni la tua famiglia, il tuo cane bianco, il tuo amore, le facce
amiche… cazzo, sogni perfino il lento fruscio delle foglie nelle giornate di
sole, laggiù in palude.
Poi passa.
Tieni duro, tiri lunghi respiri e continui a guardare e a lavorare duramente su te stesso. Perché
sai di essere fortunato rispetto ai più, a quelli che vedi stesi per terra nella metropolitana, a chi è rimasto giù nella scala delle opportunità e a chi potrebbe fare molto di più ma ha paura del fallimento.
Cresci per te e per loro (questo “loro”
avrà un significato diverso per chiunque leggerà). Non devi sorridere per
forza, anzi può urlare e piangere purché alla fine tu sappia quale è la scelta
giusta per te.
Vai avanti, magnifico bastardo/a che non sei altro.
Stavamo parlando di mani, mani insidiose che si allungano alla ricerca di un qualcosa che non poteva tastarsi. Stavamo parlando di uno sguardo, occhi di un rimmel che abbraccia le porte dell'anima. Stavamo parlando dei tuoi capelli, tagliati per girdare al mondo la tua voglia di non volercela fare un'altra volta ancora...di lasciare le tue delusioni sommergerti ancora, fino a sparire e risorgere, a posteriori, come una fnice che turba gli uomini. Stavamo parlando di te, sempre. Possibile che non te ne ricordi?
"Ah nulla, tranquilla. Stavamo dicendo qualcosa di poca importanza."