Venerdi 13 maggio 2011
E' una giornata calda, una di quelle in cui non
puoi altro che prendere la bici, indossare le cuffie e pedalare. Cosi ho
deciso di andare verso il centro approfittando delle nostre piste
ciclabili sconnesse e invase dai rami superando le macchine imbottigliate su via del lido in
una fila interminabile data la fine delle campagna elettorale.
Un giro
in piazza del popolo, una breve sosta alla Feltrinelli e via di nuovo,
finché il mio tour latinense non mi porta dinnanzi al teatro; qui una
piccola folla di persone attende in strada circondata da camionette di
carabinieri. Passando nella folla riconosco il volto di una mia ex
compagna di classe alle superiori, la saluto e parliamo finché non
capisco il motivo della loro presenza li: una manifestazione di protesta
contro il premier. Mi guardo intorno: 300 persone scarse davanti al teatro, di cui 30 i
contestatori più aggueriti.
Nessun pericolo naturalmente per le persone ma solo
l’acutizzarsi di uno scontro più simile ad uno da stadio piuttosto che ad un scontro qualificabile come
democratico, che ha come posta in gioco il futuro del nostro paese.
Poi una parte
ripeterà il discorso degli avversari illiberali, comunisti mangiabambini e l’altra vedrà che
anche qui, a Latina, si contesta il governo. E tutto rimarrà come prima.
Parlo con loro e
mi ascoltano tranquillamente, ma nella loro risposta leggo tutta la loro
determinazione nonché l’affibbiarmi il titolo di codardo, di quello che
protesta solo davanti lo schermo di un computer e non ci mette la
faccia. Li capisco, loro sono là ad usare tutta la loro passione per
difendere quello in cui credono; ma perché, gli chiedo, gli altri che sono li ad
ascoltare il discorso non sono uguali a voi?
Dico «guardate oltre a
protestare, dovete parlare con queste persone perché sono cittadini, se
oggi votano tizio domani voteranno caio dello stesso indirizzo, e se voi
qui urlate e basta non vi capiscono, anzi vi disprezzano perché volete
impedirgli di ascoltare».
Un ragazzo mi risponde, «Nessuno mi ha mai
dato l’opportunità di parlare». Un gruppo di cechi che fanno a sassate: è l’immagine
più adatta alla situazione.
Conosco persone che votano a destra e
persone che votano a sinistra e anche persone che ormai non credono più
al voto; ognuno parla per sé, disprezza l’altro, si crede unico puro e
non parla più ma urla, non ascolta ma ribatte senza lasciar finire l'altro. Continuate ad urlare ma non
cambierete nulla cosi.
«Sono le parole più pacifiche che portano la
tempesta. Pensieri che giungono con passo di colomba guidano il mondo. F
Nietzsche »
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